DRAGONCELLI DI FUOCO/2020



«Con stile, delicatezza e talento, il libro di Stefano Loparco emoziona, commuove e diverte attraverso la memoria e l’immaginazione».
Sky TG24
«Loparco compone un romanzo biografico… Pagina dopo pagina, miracolosamente, si intravede e riemerge un’abbondanza di idee e intuizioni care a Sorrentino, appuntate alla luce della sua lampada Churchill… Il libro – perfetta anticamera dell’imminente È stata la mano di Dio – sa riassumere tutto, dilatandone le immagini quasi fosse un film».
La Repubblica
«Un libro di una bellezza struggente, divertente, leggera e malinconica».
Boris Sollazzo
«Eppure dietro la facciata dello scanzonato trip generazionale, della paradigmatica avventura giovanile serpeggiano la rabbia di chi la voleva prolungare, l’impotenza di fronte alla difficoltà di portare fino in fondo un ripescaggio emblematico, la delusione per non essere riusciti a condividere ancora un’esperienza esistenziale e artistica che in qualche modo ha segnato le vite dei protagonisti ».
il Manifesto
«Un’elegia struggente dell’amicizia e dei vent’anni che non ritorneranno più».
Blow Up
«Una piccola, deliziosa biografia che racconta, con una scrittura densa, ricca e immaginifica, la formazione di un genio timido e chiuso nella Napoli degli anni Novanta».
Mistero
«In un volumetto scarlatto, denso, ironico, godibilissimo, spesso redatto in napoletano verace, il sorrentinologo udinese Stefano Loparco ha resuscitato – miraculo ‘e San Gennaro e San Maradona! – le vicissitudini incredibili, l’essenza sfavillante del primo, gastroerotico lungometraggio diretto dal futuro auteur di bijoux quali Le conseguenze dell’amore e La grande bellezza» .
Lorenzo Codelli
«Sono molto contento di aver letto Dragoncelli di fuoco. Una sensazione molto strana, non solo un tuffo nei ricordi, ma qualcosa di più complesso, con sfumature anche dolorose, confuse… ancora forse io stesso devo fare un po’ ordine rispetto a quel tempo».
Gianluca Jodice
«Con Dragoncelli di fuoco lo studioso meticoloso incontra il romanziere ispirato, infatti il libro di Loparco è difficile da circoscrivere in un genere, e questa è una grande forza».
Simone Scafidi
«Loparco scrive benissimo. Ma c’è di più. Dragoncelli di fuoco ha ritmo, belle metafore visive e uno stile che rende la lettura interessante, anche al netto del mondo sorrentiniano».
Stefano Russo
«Io anche ero lì, contingente, parallelo, tangente alle loro esistenze, stufo delle loro medesime angosce e pieno della identica volontà di riscatto dai dettami dell’ordinario. Ogni personaggio in questo libro è una maschera. Nel racconto c’è una distinzione in proposito. Ed ogni maschera raffigura il buono, il permaloso, il riflessivo, come in ogni commedia umana. È un umanista Loparco che dal particolare volge all’universale. Affezionato sinceramente ai suoi protagonisti, lui è il deuteragonista della tragedia incombente del signor vita. Semmai Dragoncelli di fuoco è diventato una storia compiuta, finita, onnicomprensiva, non è per la storiella effimera che racconta ma per la narrazione asciutta di un documentarista cartaceo che ha reso grazia all’infinito presente del verbo esserci».
Michele Saviano
«Una meravigliosa storia di amicizia, passione e sogni che si avverano. La biografia giovanile di Paolo Sorrentino scritta con meticolosa attenzione ai dialoghi, ai luoghi e ricca di spunti interessanti».
Paola Bertoni
«Dragonelli di fuoco è un affresco, un lavoro che denota impegno e passione».
Maurizio Fiume
«Io c’ero – Paolo mi chiamava ‘il belloccio’ ma sentivo di non riuscire a entrare davvero in comunicazione con lui per via del carattere ombroso nonché corazzato in un’ironia che all’epoca trovavo respingente -, perciò è stato strano, dolce e amaro leggere Dragoncelli di fuoco, un racconto biografico che potrebbe costituire la perfetta lettura propedeutica alla visione di É stata la mano di Dio».
Claudio Gargano
«Costa meno di un pacchetto di sigarette. Dimensioni minuscole: 10×15. Il maiuscolo è nelle 142 splendide pagine. L’autore è un Grande, con la G a carattere 52 e si chiama Stefano Loparco».
Roberto Poppi
ADDIO ZIO TOM/2019



«Con rigorosa fedeltà Stefano Loparco deframmenta, ricostruisce e racconta il genere più controverso del cinema italiano, il mondo movie, con le sue lacerazioni carnali e le brutalità selvagge che tanto diedero scalpore scatenando l’ira funesta (e la scure) della censura. L’autore riporta alla luce l’obnubilato Addio Zio Tom e le sue stigmate schiaviste, prelevando il film dall’oscurantismo mediatico, dal baratro della damnatio memorie, per sviscerarlo in modo lucido e senza distorsioni con un intervento di estrema sensibilità e chirurgica riedificazione della storia. Un percorso di rivalutazione che preleva l’opera di Jacopetti e Prosperi dal tugurio dell’oblio per restituirle il giusto trattamento. Loparco firma un testo pancronico in sintonia con l’oggetto della sua analisi, doverosa e necessaria, destinata a cancellare definitivamente il concetto di “rimozione” nel cinema di genere. Perché Addio zio Tom è un tesoro autentico che, nell’epoca odierna della post-verità, merita di essere riscoperto».
Andrea Rurali
«Questo terzo pannello dopo Graffi sul mondo e Passeggeremo ancora tra le rovine del tempio… lascia il campo a riflessioni di sorta che meritano spazio maggiore di una semplice recensione».
Il Cittadino Quotidiano
«Mi verrebbe da dire che si tratta di un lavoro stupefacente, Addio zio Tom, ma non ho provato in realtà alcuna sorpresa leggendolo perchè già avevo avuto modo di conoscere la qualità della scrittura di Loparco e qui l’ho ritrovata alla sua ennesima potenza. Il prologo, l’analisi e l’epilogo sono come tre movimenti musicali, ognuno col proprio ritmo, ma perfettamente saldati nel loro incedere travolgente. Il prologo rispecchia la capacità dell’autore di trasportare i fatti storici e il dietro le quinte in un racconto dal respiro romanzesco; l’analisi – così ardua da organizzare per un film del genere – è densa e illuminante; l’epilogo, con quella sua forma di processo, solleva tutti i dubbi su una pellicola ingiustamente rimossa, ma non esente da difetti (anche di confezionamento, come ben noti in merito al doppiaggio). Un film alieno eppure calato nel suo tempo. E che grande intuizione il raffronto/differenza con L’albero degli zoccoli. Alla fine Loparco riesce a far emergere quella che è la grande forza espressiva di Addio Zio Tom, la sua importanza (ben esemplificata da Martera), la sua inopportunità, per citare un termine che utilizza con ragione. Non era facile dire la parola fine su Addio Zio Tom, ma è stato fatto».
Simone Scafidi
«L’Addio zio Tom di Stefano Loparco si colloca a un passo dalla connotazione storico-antropologica: con il pretesto di Zio Tom restituisce, infatti, la misura morale dell’Italia dei primi anni Settanta (giustizialista e nel complesso bigotta, nonostante lo slancio libertario post-sessantottino). Lo fa servendosi di una mole impressionante di fonti dell’epoca, testimonianze dirette, materiale fotografico, oltre che di una minuziosa disamina del film e dei suoi retroscena. Un libro indispensabile per chiunque guardi al docu-cinema come a un medium a-morale e Addio zio Tom come a un film-manifesto. Il fatto che Franco Prosperi in persona firmi la prefazione al volume la dice, inoltre, lunga sull’oggettività e l’esattezza del racconto di Loparco. Da non perdere».
SoloLibri
«La lettura di Addio zio Tom mi ha confermato quello che già sapevo, che già conoscevo: una scrittura raffinata, nobile, al servizio di temi caldi, popolari, duri, difficili e delicati, di vite singolari e controcorrente, un cuore di metodicità prosperiana con punte di jacopettismo, di macchine fotografiche disintegrate metaforicamente sulla carta, picchi di esaltazione (critica) come solo Gualtiero sapeva fare. Chi ti legge si trova di fronte un autore ricercato e mai compiaciuto, l’eleganza della sintassi al servizio delle tematiche più disparate, umili, anche sporche e cattive, vere. Un Luigi Bazzoni della saggistica cinematografica. E non è per niente poco».
Marco Sansiveri
PASSEGGEREMO ANCORA TRA LE ROVINE DEL TEMPIO/2018



«Ma è la distanza dagli avvenimenti, il tempo, il vero protagonista di Passeggeremo ancora tra le rovine del tempio. Gualtiero e Franco si rincontrano dopo diversi anni in una stanza di ospedale. Non si erano più parlati per divergenze economiche dall’ultimo film — Mondo candido, appunto — realizzato insieme. Tra le risate, commoventi e mai rassegnate dei due ritrovati amici, c’è un ricordo, una frase, che un po’ sintetizza il cinema di Jacopetti e Prosperi. ‘Ma ti ricordi cosa ci disse Vittorio Gassman all’uscita dal cinema Fiamma, dopo l’anteprima di Africa addio? Che c’eravamo suicidati politicamente’».
Corriere della Sera
«In vita Gualtiero Jacopetti (1919-2011) è stato oggetto di molti pregiudizi, ma da morto corre un rischio pure maggiore: quello dell’oblio immeritato. La persona più titolata a parlare di lui è Franco Prosperi, col quale ha condiviso l’esperienza di Mondo cane e Africa addio, all’insegna del trionfo di pubblico e degli sputi in faccia della critica «ufficiale», che non tollerava il loro anticonformismo (…). Il libro Passeggeremo ancora tra le rovine del tempio (Edizioni Il Foglio), scritto da Prosperi con Stefano Loparco, è il resoconto di una amicizia ritrovata fra due persone che al di là della lontananza fisica, non si erano mai separate per davvero (…). Mantenendo fede a una promessa fattagli nelle ultime ore, Jacopetti a tutt’oggi vive nelle ‘stanze della memoria’ di Prosperi. Continuano, entrambi, a credere che il mondo non sia poi così cane, ma solo perché i cani meritano ben altro rispetto».
Il Giornale
«E questo viaggio a due tra i ricordi, nudo e toccante, scritto senza velleità letterarie di sorta, toccata e fuga tra paradossi e luoghi comuni culturali dell’Italia anni sessanta e settanta, si trasforma lentamente in una sorta di safari esistenziale, tra fantasmi e illusioni, dove l’unica cosa che davvero conta continua a scivolare e sfuggire, alla macchina da presa come alla macchina da scrivere».
Satisfiction
«Passeggeremo ancora tra le rovine del tempio è un piccolo libro, per dimensioni (sono appena settanta pagine), ma immenso per contenuti. Che resta dentro al cuore di chi lo leggerà. Prosperi racconta con ispirata, pudica, rassegnata ma tenace consapevolezza la fine di una vita. Ma anche l’inizio di qualcosa che continuerà perché c’è sempre stato. Non si muore tra le rovine del tempio, si passeggia. Un racconto struggente, che Prosperi scrive magistralmente con la collaborazione di Stefano Loparco, già alle prese con Jacopetti nell’imprescindibile Graffi sul mondo. Leggetelo, come ho fatto io quando ancora non era libro».
Roberto Poppi
«La narrazione di Loparco colpisce al cuore, scava nell’anima dei personaggi per indagare nella nostra. Questa lettura è doverosamente consigliata a tutti coloro che amano la cultura, la vita e che hanno interesse per l’amore di ciò che è in grado sia di elevare che di affondare lo spirito umano».
Ver Sacrum
«Una testimonianza per la quale tutti i cinefili dovrebbero essere grati a Loparco e Prosperi. Perché il cinema è anche, e soprattutto, questo. Rapporti umani».
No Sun
«Passeggeremo ancora tra le rovine del tempio, scritto da Franco Prosperi e Stefano Loparco, edito da Edizioni Il Foglio, è un libro prezioso. In una settantina di pagine sono condensate le riflessioni di Prosperi che, dopo una lunga separazione, torna al fianco di Jacopetti ormai morente. La coppia che negli anni Sessanta ha creato il Mondo movie, scuotendo il pubblico con sequenze spregiudicate, ha sempre viaggiato controcorrente guidata dalla comune passione. Negli ultimi giorni di Jacopetti, condivisi con l’amico Prosperi, i due ripercorrono le loro esperienze. Pagine ricche di umanità: la vita, l’amicizia, la solitudine, la morte. ‘Davanti la sofferenza altrui non si dovrebbe mai essere sinceri con se stessi’ – riflette Prosperi – lasciando all’amico Gualtiero il racconto del finale. Fatevi un regalo, leggetelo».
Stefano Iachetti
DEL PAGANINI E DEI CAPRICCI/2016



«Un libro straordinario. Ne sono certo: Klaus lo avrebbe voluto così».
Augusto Caminito
«Una prosa partecipe e intensa, che cattura dalla prima pagina».
Roberto Curti per Blow Up
«Già il fatto che qualcuno scelga di titolare un libro con il dimenticato complemento di argomento (in latino de + ablativo), ce lo rende appetibile a prescindere. Anche a non sapere di che cosa esattamente parli. E anche se nel caso del presente volume, la lettura non disattende poi le aspettative (…). Non bisogna lasciarsi fregare di fronte a un film come Paganini dalla stretta finale in cui si conclude che sia, banalmente, bello o brutto: Loparco lo sa bene e il pregio del suo volume è, tra gli altri, quello di far capire quali forze si muovessero dentro, dietro, prima e dopo il film. E non importa che nessuno le abbia riconosciute. Importa che ci siano».
Davide Pulici per Nocturno Cinema
«Un saggio scritto come un romanzo, da leggere tutto d’un fiato!»
Cristiana Astori
«Tra biografia e archeologia, un’opera di sicuro interesse».
Film Tv
«Del Paganini e dei capricci è un libro bellissimo. Molto più di una biografia: un biopic cinematografico, che ritrae un personaggio nel momento forse più drammatico della sua vita e della sua ossessione, svelata anche nelle pieghe oscure che non vorremmo conoscere. un attore pazzesco e un essere spaventoso, forse l’ultimo artista maledetto».
Claudio Chiaverotti
«Questo libro racconta un’interessante storia di cinema e un’interessante storia di vita. Ne servirebbero di più al posto di tanti (poco utili) saggi».
Stefano Raffaele
«I libri di Stefano Loparco non sono mai banali. In quale genere possono essere categorizzati? La sua è passione per il cinema o innamoramento per le storie che i personaggi della settima arte possono raccontare? Le due ipotesi, talvolta, vanno a braccetto, ma perlopiù sono i personaggi che prendono il sopravvento occupando quasi tutto lo spazio che un critico riserverebbe non al soggetto, ma agli oggetti, nel caso specifico filmici, che animano le narrazioni dei tanti mestieri del cinema. Ecco una delle chiavi per leggere l’ultimo nato dalla penna di Loparco».
Fabio Francione per Il Cittadino Quotidiano
«Del Paganini e dei capricci è un viaggio. E’ una discesa negli inferi di un’esistenza la cui instabilità forse non è stata e non sarà mai “misurata”. Avvolge la narrazione, ed assorbe completamente il lettore come una “Storia Infinita” in cui si viene risucchiati avendo fortunatamente a disposizione i mezzi (documenti, dichiarazioni, testimonianze) con cui difendersi e reagire. E’ un’intervista col vampiro/violinista/attore in cui il mefistofelico polacco urla, ringhia, vive esistenze da lui bramate e cannibalizzate, attraverso le voci delle sue vittime più “amate”. Stefano Loparco ci mette a disposizione l’universo kinskiano col piglio dell’investigatore, desideroso di fare più luce possibile sul film testamento/flusso di coscienza/riflesso di presenza di uno degli ultimi geni maledetti del nostro tempo».
Marco Sansiveri
«Un libro che mi ha letteralmente catturato e ho divorato in poche ore. E’ uno dei migliori saggi di cinema letti negli ultimi anni».
Edoardo Favaron
«Del Paganini e dei capricci è un libro scritto benissimo e costruito splendidamente. Ma c’è di più; a mano a mano che scorrono le pagine si entra nel personaggio di Klaus Kinski o meglio al cospetto di quel ritratto che immagino l’attore volesse rappresentare, identificandosi completamente con Paganini. Con continui rimandi tra la vita di Kinski e il film, Loparco spiega perché Paganini non è un film riuscito (come prodotto finale), né avrebbe potuto esserlo. Molto interessanti e ben dosati i ricordi di chi ha lavorato con l’attore e lo studio sulla sua voce. E poi il libro ha un gran bel finale, ‘il filo rosso’… Al termine della lettura cosa rimane? Loparco non dà nessun giudizio sul personaggio – e meno male – ma a me appare come un essere terribilmente infelice».
Bernadette De Cayeux
«Non si tratta come potrebbe apparire di una monografia generale su Kinski (la cui vita personale e artistica viene comunque spiegata), bensì di una incursione piena di materiali, documenti e raccolta di dichiarazioni sul Kinski artista che voleva celebrare se stesso nel progetto titanico del Paganini (film poi naufragato nel disdoro generale, che Loparco cerca invece di riequilibrare). Si tratta di un volume non accademico, ma di interessante lettura e strutturato in maniera rapsodica, con un approccio di storia orale un po’ sanguinetiano e certamente utile».
Roy Menarini
«E’ stato un piacere leggere un libro come Del Paganini e dei capricci. Ogni pagina è ricca di amore, di passione, ma allo stesso tempo della giusta distanza con la quale trattare un tema affascinante e delicato come Klaus Kinski. E’ anche un libro che ha il pregio di partire da un film per raccontare un mondo. Anzi, più mondi (…). Ricco di fonti edite (le biografie e autobiografie di Kinski; i giornali d’epoca, etc…) e di contribuiti raccolti dall’autore, il libro riesce ad essere quello che il film Paganini non è stato: il racconto di un momento della vita artistica di Kinski che diventa la resa dei conti di tutta la sua esistenza».
Simone Scafidi
«Appena finito di leggere Del Paganini e dei capricci, dell’amico Stefano Loparco, Edizioni Il Foglio. Racchiude in sé molti tesori, piccole perle segrete sulla vita dell’attore e dell’uomo, fossero bizze, racconti, scompensi psicotici o immagini in movimento. Ma questo libro, ne ha una in più, del tutto diversa da tutte quelle raccontate prima».
Antonio La Torre
«Il metodo di Loparco è quello di allestire una sorta di panopticon democratico e documentatissimo nel quale il lettore può scegliere la zona o le zone d’interesse da approfondire per proprio conto: nel suo Del Paganini e dei capricci, vuoi per l’eccezionalità e le sfaccettature del personaggio, vuoi per l’abilità dell’autore nel condurci nei suoi meandri senza scartarne nessuno, troviamo in forma accentuata questo procedimento».
Gianfranco Galliano
«In un paese dove non si nega una pubblicazione a nessuno è naturale che ci si trovi immersi fino al collo da testi, saggi e case -anzi capanne fatiscenti- editrici. Così come è naturale che senza un vero mercato, e una conseguente selettività, la maggior parte dei libri siano, nel migliore dei casi, scadenti. Quindi l’esistenza di lavori come Del Paganini e dei capricci rincuorano e assumono un notevole valore aggiunto. Poi sono pure tra i ringraziamenti e il mio nome appare sempre e solo su cose belle».
Eugenio Ercolani
«Attraverso una rendicontazione rigorosa delle cronache del tempo e basandosi su diverse interviste di amici e nemici del grande attore polacco, Loparco riesce a fornire al lettore un quadro onesto, senza alcuna tentazione agiografica ma con la schiettezza del giornalista imparziale che pone in primo piano il lato oscuro di un uomo con evidenti disturbi della personalità […]. Una lettura appassionante».
Sentieri selvaggi
«Del Paganini e dei capricci è un’opera estremamente interessante, molto documentata e tematicamente tutt’altro che banale, scontata o manichea che poi sono le stesse qualità che hanno fatto apprezzare Graffi sul mondo».
Franco Grattarola
«Un libro pluridisciplinare, sconvolgente e definitivo sulla figura di Klaus Kinski».
Fabio Zanello
«Da un grande scrittore, un grande libro».
Roberto Poppi
GRAFFI SUL MONDO/2014



«Graffi sul Mondo è un libro ricco di idee e materiali la cui ricerca, appare chiaro, non deve essere stata una passeggiata. C’è da complimentarsi per il palese sforzo di obiettività dell’autore nel trattare una materia non facile (sforzo mai vanificato da una altrettanto trasparente – e legittima – simpatia per il protagonista».
Carlo Gregoretti
«Tutta la mia ammirazione per l’accuratezza, la preparazione e la stesura di questo non facile libro, Graffi sul Mondo, che avrebbe potuto scontentare molti e che invece, son sicuro, avrà molto successo. E’ la biografia temporale e introspettiva su Gualtiero Jacopetti più completa e obbiettiva che abbia mai letto».
Giampaolo Lomi
«Una lettura che suscita curiosità e interesse; un racconto accurato frutto di un notevole lavoro di ricerca».
Gigi Oliviero
«Loparco più che un biografo è un appassionato, certosino archivista. Ha recuperato tutto (o quasi tutto) quanto scritto sul personaggio e ha legato i vari capitoli con buona prosa. Lasciando ai lettori non Jacopetti ma un bel pò di strumenti per capirlo».
Libero Quotidiano
«Graffi sul Mondo di Stefano Loparco è un ottimo volume che affronta la personalità, non semplice, di Jacopetti, con la scorta della misura nella scrittura, della filologia e del buon senso. Imponente l’apparato di documenti e testimoni. Voto: 5 su 5».
Nocturno Cinema
«Graffi sul mondo (…) ha un suo perché al di là dei pareri personali, perchè è davvero ricco, informato ed equilibrato nel ricostruire i punti più controversi, come la disputa tra Cavara e Jacopetti su chi fece cosa in Mondo cane».
Alberto Pezzotta
«Stefano Loparco ha compiuto un piccolo miracolo, affrontando con piglio meticoloso e disincantato il racconto della sua vita professionale e privata, nel corso del quale fornisce al lettore gli strumenti utili per tradurne una propria idea. Nel suo libro ci sono il costume, la politica, il mondo culturale e le contraddizioni dell’Italia dal dopoguerra ai giorni nostri, elementi fondamentali per mappare il fenomeno Jacopetti e il riverbero imprevisto e incontrollato del suo modo di fare cinema nel mondo della comunicazione».
Daniele Aramu
«L’ampiezza e la contemporanea profondità del testo offrono al lettore uno strumento puntuale per accostarsi a Jacopetti e insieme invitano a riflessioni suscitate da elementi formali e cronachistici – date le analisi dell’Italia dell’epoca, cinematografica e non, e delle componenti artistiche costitutive e periferiche delle pellicole – locations, trattamenti, difficoltà con la censura ecc. (…). Fermo restando che tutto ciò che può esser dissacrato deve esserlo, a un pubblico avvertito e non ingenuo (come quello che esce dalle pagine di Graffi sul mondo) la decisione sulla sensatezza o meno della critica».
Gianfranco Galliano
«Con coerenza e pertinenza, il volume di Stefano Loparco rende omaggio al più allergico alle convenzioni tra i registi nostrani. E lo fa con coerenza e analisi accurata, mai sciatta o sfilacciata. Un libro che imprime sulla storia del cinema, in modo conclusivo ed esplicito, il passaggio di Gualtiero Jacopetti».
DbCult Film Institute
«Fortunate coincidenze o tempi ormai maturi? Forse tutte e due le cose, hanno fatto sì che, nel giro di pochi mesi uscissero due libri su Gualtiero Jacopetti e Paolo Cavara, rispettivamente di Stefano Loparco e di Fabrizio Fogliato, dedicati a due dei tre registi dello scandaloso Mondo Cane, uscito all’inizio degli anni ’60 e che testimoniano — da posizioni che offrono spunti, anche, di accesa discussione — il tratto comune percorso con l’ideazione e la realizzazione di quel leggendario film che generò tutta una ridda di ipotesi fino alla loro controversa separazione artistica».
il Manifesto Quotidiano
«Difficile, comunque la si pensi sul conto del padre dei mondo movies, non restare affascinati dal lato avventuroso dell’esistenza di Gualtiero Jacopetti. Il libro di Loparco restituisce a tutto tondo e con dovizia di dettagli (immagini, corrispondenza privata e…. denunce) il ritratto di un uomo a cui la provincia e le regole furono sempre strette, e di un autore che dai cinegiornali, assieme ai sodali Franco Prosperi e Paolo Cavara, creò dal nulla un genere, poi ricopiato in tutto il mondo, e che la critica nostrana del tempo vituperò fino all’offesa preoccupandosi di denunciarne le ambiguità».
La Rivista del Cinematografo
«Amato. Odiato. Studiato. Ignorato. Un grande giornalista. Un volgare mistificatore. Un ironico dissacratore. Un fascista. Uno stupratore di minorenni. Un disperato romantico che si strappava i capelli per Belinda. Uno che ha cambiato il cinema. Uno che lo ha ucciso. Un uomo e un regista scomodo al potere. Chi? Gualtiero Jacopetti. Stefano Loparco ci racconta tutto di lui. Graffi sul Mondo è un libro straordinario per scrittura (sublime) e documentazione inedita. Un libro che tutti devono leggere, non solo i cinefili. E che sento un po’ mio anche se non ci ho messo una sola virgola».
Roberto Poppi
«Ma un libro così bello, dannato e controcorrente, sarebbe mai saltato fuori dal catalogo di una ‘major’? La domanda è pleonastica: lunga vita alle piccole ma battagliere Edizioni Il Foglio e al fiore all’occhiello della collana ‘Cinema’».
Mario Bonanno per SoloLibri.net:
«Graffi sul Mondo è forse uno dei migliori libri sul cinema (per argomento e svolgimento) che ho letto da diverso tempo. Un lavoro esaustivo e intrigante su una pagina del cinema italiano (che non è più) di cui andare fieri ».
Stefano Di Marino
«Per chi ama il cinema eretico, consiglio la biografia di Gualtiero Jacopetti Graffi sul Mondo: il regista più stroncato della storia».
Luigi Mascheroni
«Stefano Loparco ha costruito il suo libro investendo su vari piani i dati biografici e filmografici. Più debole, va detto, risulta l’aspetto estetico, decifrabile in parte nel sottotesto dei capitoli che riportano largamente le polemiche suscitate dai singoli film. Ma il libro si raccomanda innanzitutto per aver rotto il silenzio attorno a Jacopetti e alla sua vicenda umana, giornalistica e cinematografica un tempo molto discussa in una moltitudine di spropositi».
Carlo Romano per Fogli di Via (Fondazione De Ferrari):
«L’autore si muove abilmente attraverso la quantità sterminata di materiali su cui ha compiuto la sua ricerca conservando però un gusto per il racconto che dipinge l’avventurosa vita di Jacopetti come fosse un romanzo».
Sentieri Selvaggi
«Lo scrittore Stefano Loparco, già autore di un libro su Edwige Fenech come fenomeno di costume, ci consegna questo Graffi sul Mondo che è davvero un volume che dice il più possibile con un approccio da studioso di cinema ma anche da, detto senza retorica, indagatore dell’animo umano. Una biografia per così dire letteraria ma al contempo un libro di consultazione pieno di notizie, di rimandi, un’opera complessa….. Graffi sul mondo è un libro che si legge come un avvincente romanzo e ci spinge con forza nei territori del mito: giornalista, regista di film discussi, avventuriero nell’anima, sfortunato e perdente “di successo”, citando l’autobiografia di Albertazzi, Jacopetti viene servito con maestria e senso della misura da Stefano Loparco, dal quale ci aspettiamo nuovi “mondi personali”. C’è amore per il personaggio ma soprattutto amore per il cinema e la comunicazione in genere, e naturalmente per una letteratura del vero che documenta sempre con dati alla mano. Un lavoro complesso e sicuramente di difficile realizzazione, che ci restituisce la storia di Jacopetti come forse non era possibile fare in maniera più esaustiva».
Franz Krauspenhaar
«Graffi sul mondo: un libro straconsigliato».
Roberto Alfatti Appetiti
«Con questo Graffi sul mondo (Edizioni Il Foglio, pp. 340, euro 16,00) Stefano Loparco ha realizzato una cosa che si attendeva da anni: raccontare, spiegare e restituire alla storia del cinema (e non solo) il contributo fondamentale di un intellettuale italiano del Novecento tra i più creativi e irregolari».
Luciano Lanna
«Graffi sul mondo è un libro veramente ben fatto. E mi sento di raccomandarlo non solo agli appassionati di cinema, ma anche a chi si vuole cimentare nel difficile genere della biografia o, semplicemente, leggere un’ottima biografia. In primo luogo infatti Loparco fa emergere con accuratezza e meticolosità la figura di Jacopetti regista, facendo risaltare il lavoro di questo autore controverso, che ha un posto importante nella storia del cinema italiano. Allo stesso tempo, fin dalle prime pagine, Loparco, da fine osservatore, riesce a tratteggiare con grande sicurezza ed empatia il personaggio Jacopetti, che appare sempre molto vivo e presente nel corso del libro. Il tutto senza creare una biografia romanzata, ma attenendosi rigorosamente all’attualità e alle cronache. Mi permetto anche di dire che se c’è qualche produttore in ascolto, potrebbe prendere in considerazione di trasformare il libro di Loparco in un film».
Mario Gerosa
«Allo scrittore piace il sentiero solitario, lo si è capito».
Gian Paolo Polesini
IL CORPO DEI SETTANTA/2009



«Il Corpo dei Settanta è un libro importante. Non è solo un libro di cinema e non è neppure un libro biografico su Edwige Fenech. E’ un libro che racconta gli anni Settanta e al tempo stesso parla di un cinema povero che era capace di riempire le sale. Se qualcuno mi chiedesse quale libro comprare tra «Le dive nude – il cinema di Gloria Guida e Edwige Fenech» (che ho scritto io e l’ha pubblicato Profondo Rosso) e questo, consiglierei – senza ombra di dubbio di comprare Il Corpo dei Settanta. Il mio è un semplice libro di cinema, quello di Loparco è molto di più. Per questo l’ho pubblicato».
Gordiano Lupi
«Un libro molto più profondo di quello che si potrebbe (superficialmente) pensare, la rilettura di un periodo storico (gli anni Settanta del nostro paese) attraverso i film che hanno consolidato la fama di Edwige Fenech come icona sexy di una (e più…) generazioni. La speranza è che questo libro non venga sottovalutato dai potenziali lettori, come troppo spesso accade con i film di genere di quel periodo».
Carlo Grisleri
«Edwige Fenech, actrice en laquelle Stefano Loparco a reconnu ‘les corps des années 70’…».
Frank Lafond
«Un librone dedicato all’icona del cinema sexy italiano. L’autore, curiosamente, si getta nella materia già incandescente con molta immedesimazione. Edwige viene “raccontata” nella sua carriera con puntiglio analitico ma anche come si trattasse di una conoscenza diretta, immagine di donna idealizzata, non solo amante catodica da spiare in piena notte, ma addirittura madre procace. Un’operazione interessante. Ottima l’appendice con gli incassi dei film di Edwige».
Nocturno Cinema
«Stefano Loparco con il suo corposo saggio Il Corpo dei Settanta, il corpo, l’immagine e la maschera di Edwige Fenech per la prima volta in Italia, racconta la carriera cinematografica dell’attrice che ha fatto sognare più di una generazione. E’sì una guida alla filmografia di una vera e propria icona del cinema italiano, ma è anche sguardo d’insieme alle agitazioni socio-politiche che negli anni Settanta si sono manifestate, a volte per morire da sé, altre ancora per evolversi (o involversi) contribuendo a formare il carattere dell’italiano medio e non. Il Corpo dei Settanta di Stefano Loparco è la prima esaustiva biografia incentrata sull’attrice simbolo di un’intensa e irripetibile stagione cinematografica: indispensabile».
Giuseppe Iannozzi
«C’è una raccomandazione che mi sento di farvi e di farvi da subito: mettetevi prima che potete sulle tracce de Il corpo dei Settanta (Edizioni Il Foglio). Il libro ha qualche anno (è stato pubblicato nel 2009) ma è uno di quei testi che gli appassionati di cinema di vecchio e nuovo corso non possono mancare. So che sono cose che si scrivono generalmente ma badate che dico sul serio: questo saggio di Stefano Loparco è tra i più significativi che mi sia capitato di leggere sul cinema popolare italiano e sul decennio di piombo, da un bel po’ di tempo a questa parte… Il volume è poderoso – supera ampiamente le 300 pagine – non si fa mancare e non fa mancare nulla (compresa una miriade di foto da prurigine della Fenech), rivelando l’autore come una delle voci critiche più promettenti & divergenti della saggistica italiana non professorale».
Mario Bonanno per SoloLibri.net: