
LA TRAMA DI OZ
Quale realtà? Qual è la realtà? Di quante realtà parla La trama di Oz, forse non lo scopriremo mai. Claudio Chiaverotti – il demiurgo dell’intera operazione Morgan Lost – non lo spiega, i disegnatori – qui il talentuoso Andrea Fattori – tacciono. E allora toccherà rimanere ai fatti. In primis, i volti. C’è Annex, l’assalitrice di un cargo interstellare, c’è Diane Arbuster la scrittrice, c’è Lynn la psicanalista, c’è Oz, il mecenate Reginald Frost, c’è Revan Coltrane, il pluriomicida, e c’è un omino buffo e ondivago «dai capelli bianchi […] e gli occhi bistratti». E c’è Lost. Anzi, ce ne sono tanti, quante le facce del suo Io prismatico: giudicante e giudicato; sommerso, mai salvato.
L’ultimo uscito di Morgan Lost, il ventunesimo numero, liberamente ispirato a L’uomo nel buio dello scrittore e regista statunitense Paul Auster; albo dell’eccedenza: di realtà (chi scrive ne ha contate almeno sei), personaggi, senso. La fantasia al potere? Eccola! Ecco la surrealtà, i non–luoghi della psiche, l’implosione delle linee narrative, i finali indeterminati, visionari, grotteschi. Ecco l’ultima striscia situazionista e citazionista di un autore – Chiaverotti da Torino – che sta lavorando alla risignificazione del fumetto italiano. Lo fa con determinazione, generosità e un pizzico di follia. Ancora dalla parte di Caino. Mai banale.
Eppure c’è chi storce il naso. Troppo complicato, dice qualcuno. Il fumetto ha una sua massa critica, è vero. Lost detesta gli sbrigativi e i sommari. Assicura mezz’ora di intrattenimento intelligente (e di spropositata bellezza formale), in cambio di un soldo di pazienza e un paio di riletture buone. Curiosità e pari fantasia. Doti indispensabili per assurgere a co-autore dell’albo, ruolo cui ogni potenziale lettore dovrà essere disposto a divenire, se non vuole vivere la frustrante esperienza di esporsi a domande che (credo volutamente) non troveranno risposta. Come ne La trama di Oz e solo per restare nel multiverso del disagio psichico, cos’hanno in comune la follia che ammorba un reduce di guerra, l’apatia schizoide in cui versa una scrittrice e il senso di colpa che attanaglia Morgan a causa di un possibile errore giudiziario? Vignetta dopo vignetta il dedalo narrativo andrà dipanandosi, alcune figure saranno abbandonate, altre arriveranno, una sola occuperà il centro della scena: l’assassino seriale. Ma per i feticisti del dettaglio – quando l’albo sarà terminato e le faccende quotidiane avranno scalzato la lettura – la fregola resta: chi è e cosa vuole veramente l’omino dagli «occhi bistratti»? Cosa hanno da dire – nell’economia della storia – la coppia fiabesca e famelica, Bella addormentata e Biancaneve? E qual è la giusta dimensione in cui collocare le fluttuazioni spaziali dell’astronave Alina III? Reale? Mediatica? Immaginaria? Onirica?
Nisba, nessuna risposta. Ecco «la dannazione e la salvezza» di Morgan Lost. In base al precetto evangelico «Sia il vostro parlare si si, no, no. Il di più viene dal Maligno», Lost non dice. Dipana la matassa al centro, lasciando nuvole di fili da sgrovigliare. E mentre il lettore s’interroga (determinando in chi scrive i momenti migliori della fruzione lostiana), Claudio lancia il suo anti-eroe dal volto tatuato sulle tracce di un nuovo serial-killer, attraverso una città gelida, bellissima e respingente.
C’è ancora tempo per l’uomo. Ne La trama di Oz, Morgan non capisce e non si capisce. Come il barone di Munchausen che tenta di risollevarsi dalla palude in cui è caduto tirandosi per i capelli, Lost cerca dentro di sé le risposte (sbagliate) a domande (giuste). Non troverà la quadra. Nemmeno lui. E finirà sul lettino di un terapeuta. Si sa, il «male di vivere» è l’accidenti del secolo. Ma nell’epoca in cui «Dio è morto, Marx pure e anch’io non mi sento molto bene» (Allen), finalmente un fumetto che sa raccontare la vita per com’è. E per come viene.
LA TRAMA DI OZ
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Sceneggiatura: Claudio Chiaverotti – ♠♠♠♠♠
Disegni: Andrea Fattori – ♠♠♠♠
Copertina: Fabrizio De Tommaso – ♠♠♠♠♠
