Morgan Lost – Il silenzio alla fine del mondo

Chiedeva solo un po’ di silenzio, il mite Odd. Non gli fu dato. Divenne un mostro.

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Odd Bagging, Marco Perugini

Il silenzio alla fine del mondo (Morgan Lost #22) è la storia di un piccolo travet del Tempio della Burocrazia, Odd Bagging – nemmeno cinquantenne, inibito, modesto –, esponente di una classe impiegatizia (futur)novecentesca di cui conserva modi e cose: la pavidità, un gilet a buon mercato e un forte senso di rivalsa. Storie d’impiegati. Ma con Odd non siamo dalle parti del Rag. Fantozzi – con la consueta coppola a dissimulare i più reconditi stati emotivi –, semmai nel solco (agghiacciante) di Un Borghese piccolo piccolo di Vincenzo Cerami, quando un anziano impiegato prossimo alla pensione e padre di un aspirante impiegato, Giovanni Vivaldi, trucida con le sue stesse mani il giovinastro che gli ha ammazzato il figlio sotto i suoi occhi.

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Un Borghese piccolo piccolo (1977) di Mario Monicelli, tratto dal libro omonimo di Vincenzo Cerami

Chiedeva solo un po’ di silenzio il mite Odd, la «gentilezza dell’universo». E invece no. New Heliopolis è un epifania del chiasso: Rrrrumble, Tu-tum, screeeeeeek, Trrrrrrr, peeeeet, tunk tunk. Contro l’avanzare del disordine acustico, il signor Odd – come l’anziano Vivaldi di Cerami – smette di subire. E ad ogni Trrrrrrrrr uccide. Toccherà a Morgan Lost scoprire la mutazione omicida del placido impiegato, quando ormai è troppo tardi…

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Marco Perugini, dettaglio.

Liberamente ispirato al film Still Life (2013) di Uberto Pasolini, Il silenzio alla fine del mondo non indaga la natura del disagio psichico ma ne mostra gli effetti sinistri sulla società ucronica, proponendo il male nella sua dimensione egoica. Non c’è epica, infatti, nelle morti dell’impiegato dell’Ufficio lettere mai arrivate. Ma la strenua salvaguardia del proprio equilibrio mentale, sullo sfondo di una città caotica a cui l’uomo non riesce ad adattarsi.

C’è anche il tempo per la tenerezza nella vita del ‘mostruoso’ Odd; alla prova con una sceneggiatura a regime visionario ‘controllato’, Chiaverotti – che anche qui dimostra di non voler cedere nessuna quota di eccellenza – si permette un guizzo di poesia e lo fa incontrare con una giovane donna non vedente, Ellen. E in mezzo a tanta oscenità (angherie d’ufficio, fracasso, omicidi), la coppia darà vita a una struggente storia d’amore.

No, non è andata così. Ma delle storie mai vissute, Ellen e Odd, hanno mantenuto intatta la grazia. E il candore di una promessa mantenuta e mai avverata.

 

IL SILENZIO ALLA FINE DEL MONDO

Sceneggiatura: Claudio Chiaverotti – ♠♠♠♠

Disegni: Marco Perugini – ♠♠♠

Copertina: Fabrizio De Tommaso – ♠♠♠♠

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