Luca Vanzella: «Battaglia, Pasolini e io»

 

lettera-t-adesiva-8x35-cm-neraornare sui luoghi della morte di Pier Paolo Pasolini. E trovare il poeta. Tornare sui luoghi della morte di PPP, all’idroscalo di Ostia, il 2 novembre 1975, cinquantatreenne. E trovare Pietro Battaglia. Una delle prime tavole li raffigura così – trent’anni dopo il massacro -, davanti all’orizzonte tirrenico: Pasolini e Battaglia in Ragazzi di morte (luglio ‘017), il nono albo del vampiro siciliano ideato da Roberto Recchioni e Leomacs.

 

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Battaglia e Pasolini in Ragazzi di morte

 

E’ un segno dei tempi. Ragazzi di morte non fa scandalo. Eppure il team creativo dell’Editoriale Cosmo ce l’ha messa tutta: dalla presenza scivolosa del poeta, al sesso mercenario che va cercando, alle sue invettive antimoderniste fino alla testa mozzata che Battaglia gli tiene in copertina (opera di Leomacs). Pensato per scioccare col santino laico che è stato fatto di Pasolini dopo la tragica fine, Ragazzi di morte è un fumetto intelligente. Parla di biopotere e borgatari, cita Medea e Salò o le 120 giornate di Sodoma. Una stilla nell’universo pasoliniano. Ma il pubblico delle grandi occasioni se l’è lasciato sfuggire (non la platea ristretta dei fans che da anni seguono le gesta del vampiro italico) e anche il web – stando alla penuria di segnalazioni in rete – sembra essersi girato dall’altra parte. Pasolini non desta più scalpore? Si direbbe. La sua omosessualità-manifesto, la fame di sesso giovane e a buon mercato e giù giù (o su su), la vocazione per i reietti, l’anelito religioso, le tesi anticapitalistiche e anticlericali, nella torrida estate del 2017 non passa. Maggior credito sembra concedergli Battaglia che dal poeta – la sua anima, ora siamo nel 2005 – vuole il capitolo rimasto inedito di Petrolio, il romanzo (postumo) cui stava lavorando prima di finire ammazzato. Gliel’ha chiesto il potere. Lo chiede al poeta: «Io posso darti la vendetta contro chi ti ha offeso e contro chi ti ha abbandonato ⌈…⌉. In te c’è un ombra nera che brucia. Accettala, non sei il cristo redentore dei nostri peccati… sei solo un uomo. E gli uomini odiano». Poi: «Devi solo dire che lo vuoi». L’offerta del vampiro è sensata: la morte degli aguzzini in cambio dei fogli secretati di Petrolio. Servizio completo. Pasolini cede: «Uccidili tutti e piscia sui loro cadaveri. Poi avrai ciò che vuoi», dove «cadaveri» sta per quella conventicola di maggiorenti – «Io so i nomi…» – che l’hanno mandato a morte, lasciando a Pino Pelosi, la ‘rana’, il fardello della responsabilità omicidiaria e gli anni di carcere.

 

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Ostia, 2 novembre 1975. Il rinvenimento del cadavere martoriato di Pasolini

 

Dunque il Pasolini di Battaglia muore nell’Italia catto-comunista del 1975 su mandato di eminenze grige e boiardi di Stato, nel silenzio di un popolo nullificato dal Capitale e nell’abiura della Chiesa; con quel tratto grossolano delle tavole (di Valerio Befani e Pierluigi Minotti) che sembra evocare una verità grezza, inattuata, comunque problematica. Ecco il retroterra socio-politico entro cui prende le mosse Pietro Battaglia in un racconto pulp-filosofico 1975/2005 che per mesi ha attraversato le notti e i giorni di Luca Vanzella, lo sceneggiatore.

 

Cattura

 

«Soggetto?»

«Roberto Recchioni e Luca Vanzella, io».

«Sceneggiatura?»

«E’ la mia, come i dialoghi, anche se c’è lo zampino di Roberto».

«Quando ha avuto inizio il tuo Ragazzi di morte

«Sul finire del 2016, credo a dicembre. Ricordo la telefonata di Roberto: ‘Per Battaglia è venuto il tempo di Pasolini. Te la senti?’ Me la sentivo. Così ho iniziato a lavorare sulla storia. Con Roberto non sono mancati i momenti di confronto, sopratutto nelle primissime fasi e alla fine, ma ho goduto di grande indipendenza…»

«Luca, sarai ricordato come l’autore del Battaglia pasoliniano. E’ una bella responsabilità».

«Ma no, metterei l’accento sulla figura di Battaglia, semmai, e la sua capacità di annidarsi nei gangli meno illuminati della nostra storia recente. Certo: la personalità complessa di Pasolini, la riflessione sul proprio ruolo sociale e i rapporti con l’anziana madre; insomma, la dimensione umana dell’uomo c’è e risponde a una precisa scelta autoriale. Ma si tratta di un albo di Battaglia è l’impianto pulp ha avuto – e doveva avere – il sopravvento».

«In fondo Pasolini ne esce bene».

«Direi di si. Non era mia intenzione santificarlo, né affondarlo. L’ho raccontato nei suoi travagli, senza censure. C’è l’omosessualità, il sesso di strada, questioni difficilmente trattabili con altri mezzi espressivi, almeno col realismo che segna l’albo. Ma ci sono anche i morti di Battaglia e le orge. Altrimenti che fumetto nero sarebbe?» (ride).

«Quali difficoltà hai incontrato nello scrivere la sceneggiatura?».

«Nessuna in particolare. Andavano fatte coesistere due personalità forti e apparentemente inconciliabili: Pasolini e Battaglia, l’alto e il basso. Entrambi portatori di una moralità ‘inconsueta’, per così dire. L’escamotage narrativo è stato l’incontro all’idroscalo di Ostia, nel 2005, tra il vampiro e il fantasma del poeta. Ho volutamente evitato di appiattire l’intera narrazione al 1975, anno della morte di Pasolini, per fuggire al vincolo storiografico e per dare una dimensione soprannaturale all’albo. Poi c’è Salò (il riferimento è all’ultimo discusso film realizzato da Pasolini n.d.a.) che mi pare un’ottima allegoria sul potere».

«Perché hai scelto di ambientare parte del racconto nel 2005?»

«Un po’ per confondere le acque, per ambientare la storia nel presente ma senza che sembrasse un riferimento diretto all’attualità, visto che non lo è. E poi perché il monumento di Pasolini ad Ostia, vicino al quale si svolge parte della storia, era stato per anni abbandonato (si pensi a come appare in Caro Diario di Moretti) e fu rimesso a posto proprio in quell’anno. A sottolineare come ci si ricordi dei morti sono negli anniversari».

«Solo qualche anno fa, un albo come Ragazzi di morte avrebbe destato scandalo, comunque un dibattito. La materia è insidiosa e darla in pasto a quel ‘mostro’ di Battaglia, avrebbe fomentato il lettore più barricadero, credo. Non è andata così. E non so se è un bene o un male…»

«E’ vero. Il pubblico facilmente suggestionabile – quello che una volta si sarebbe definito popolare o dell’uomo qualunque – non c’è più. Gli sopravvive una nicchia ben informata che sa dare il giusto valore alle storie. Sa giocarci. Ma non è detto che non sia un bene. Ciò implica la possibilità di dare nuove forme al racconto, spostando l’asticella più in su, senza reticenze».

«Nero il racconto, neri i disegni, nero l’albo: ti sei ‘ritrovato’ nel tratto ruvido di Valerio Befani e Pierluigi Minotti?»

«Si. Trovo che in Ragazzi di morte Valerio e Pierluigi abbiano lavorato in continuità con la grande stagione del fumetto nero italiano, e con grande efficacia. Mi è piaciuto molto vedere il risultato finale».

«Vivere per mesi nel mood grandguignolesco di Battaglia. E  poi?»

«E poi assistere al debutto di Un amore senza te, una graphic novel che ho scritto con la collaborazione di Giopota ai disegni, uscita per Bao publishing questa estate. Mi fa ridere. Ho passato mesi lavorando a un universo cristallino, di buoni sentimenti e pieno di speranza per poi cadere negli inferi di Battaglia, la sua spietatezza, la grande amoralità. Non sempre è stato facile tenere separati i due mondi…»

«Ma in fondo è la vita dello sceneggiatore…»

«Sì, la mia».

 

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Luca Vanzella, Battaglia e Pasolini

 

BATTAGLIA

ROBERTO RECCHIONI – LEOMACS

La guerra di Pietro

I postumi

La figlia del capo

La lunga notte della Repubblica

Muro di piombo

Sodoma

… e le Foibe?

Il Pio Padre

Dentro Moana

Ragazzi di morte

Lo stalliere

Editoriale Cosmo

 

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